La Leggenda del Bachal.

La Leggenda del Bachal.

Forse è proprio per questo che avete sentito parlare casualmente di Rothal: il mostro marino Bachal.

Il Bachal è fra i mostri più pericolosi esistenti su tutto il pianeta e proprio per questo tutti, persino i cacciatori più caparbi e scellerati, si tengono ben alla larga dal piccolo villaggio costiero.

Questa bestia è la più grande che la razza figliana abbia mai visto.

Alto e largo svariati metri, capace di stare sia nelle profondità oceaniche sia di strisciare sulla terraferma, si stabilì nella Grotta del Bachal ben nove secoli fa.

La Grotta è direttamente collegata al mare e ciò la rende la via preferita del Bachal per tornare a terrorizzare i cittadini di Rothal con i suoi schiamazzi, le sue grida indescrivibili e la distruzione che una volta ogni decennio portava direttamente nel villaggio.

Proprio così: quando il Bachal decise di stabilirsi definitivamente nelle acque vicino a Rothal, una volta ogni dieci anni decideva di fare una gita nel villaggio a caccia di uomini, donne, bambini, anziani, case, cibo, terreno, grano e qualsiasi altro elemento vitale per il corretto funzionamento di una piccola cittadina come quella.

Il saltuario evento terrificante venne ribattezzato “La Punizione” dalla popolazione di Rothal, e suddetta punizione fu fermata solo dopo un secolo e mezzo, tramite “Il Prezzo”, ma su questo tornerò in seguito.

La particolarità assoluta del Bachal è la composizione dei suoi arti: essi sono infatti composti sia da pinne simili a quelle degli squali, bianche, lunghe e appuntite; sia da vere e proprie quattro zampe paludose, verdognole e ricoperte di bava, acido, urina faunesca e altre schifezze varie. Il Bachal infatti scarica tutti i propri liquami direttamente da un grosso foro posizionato al di sotto delle “zampe”.

Le zampe tuttavia non gli permettono un’elevata agilità sulla terraferma, può strisciare ma non in maniera particolarmente veloce.

Invece il Bachal è un portento nell’arrampicarsi su piattaforme piane o leggermente irregolari.

Il suo corpo è estremamente lungo e grosso, colorato di un blu marino ma sporcato dalle chiazze dei colori degli animali uccisi: proprio così, un’altra particolarità del Bachal è che conserva i colori dei propri nemici divorati.

Le chiazze sono minuscole e, sebbene contaminino il bel blu marino del torso, non risultano troppo fastidiose alla vista.

Ciò che spaventa di più di quel mostro orrido e affascinante è il volto.

Aveva dei “capelli”, una folta e lunga chioma bicolore argentea e dorata, che parte dalla schiena (di cui si può chiaramente vedere la forma della colonna vertebrale)  e si conclude fin sopra la fronte, coprendola.

I suoi capelli sono vivi, si muovono a comando, proprio come se fossero delle dita della mano o del piede. Ogni qualvolta che il Bachal si irrita, i suoi capelli si drizzano immediatamente in modo circolare, quasi per attaccare il nemico.

Il volto è composto da una miriade di piccoli occhi. Non ha bocca, né naso, né orecchie.

In realtà, alcuni degli occhi gli servono per udire, altri per tastare, per misurare la temperatura dell’ambiente circostante, altri ancora riescono specificamente ad osservare oggetti e creature addirittura a chilometri di distanza.

Ma come attacca i suoi nemici? Sulla terraferma, la risposta risulta banale e stupida: rotolando.

Data la sua stazza immane, gli riesce facile distruggere interi edifici semplicemente rotolando e scagliandosi contro essi. Inoltre, due delle decine e decine di occhi che compongono il suo volto, in situazioni di pericolo, si allargano rapidamente all’inverosimile e hanno il talento di rilasciare una sostanza immobilizzante nell’aria, condannando chi si ritrova nei paraggi a respirarla.

In acqua, invece, le sue pinne diventano spade. Riesce, tramite semplicemente l’utilizzo della velocità e dell’affilatezza delle sue pinne, a tagliare in due qualsiasi creatura e qualsiasi mostro che si cela nei meandri dell’oceano.

Il Bachal è quindi un mostro formidabile, completo, che combina saggiamente sensi, rapidità, reattività e pericolosità.

Tutto ciò racchiuso nel corpo di una singola e mostruosa bestia, in grado di instaurare un regno del terrore all’interno del disgraziato villaggio di Rothal, dove il piccolo Kivra cresce non solo nella gioia familiare con i suoi fratelli, ma nella costante paura del mostro Bachal, che aveva messo in ginocchio un’intera comunità.

La paura non era un’abitudine, ma un sottofondo.

E quando accade ciò, il disastro non può che verificarsi in tutta la sua disperazione.

Chi è Kivra?

Mi presento: sono il fratello non di sangue del giovane Kivra, proveniente dal villaggio di Rothal, del lato più estremo della Costa del Nord.

Lo incontrai per la prima volta in un altro villaggio sperduto, chiamato Falkah, posizionato a metà tra le Torri Giudiziose.

Ricordo lucidamente i suoi guanti rossi, il suo cappuccio scuro e quei capelli lunghissimi… io sono Verka, l’amico più fidato di quel ragazzo sgangherato e imprevedibile. Insieme abbiamo attraversato molti villaggi, strade, sentieri, montagne e colline, laghi e mari, a caccia di monete, cibo e avventure.

Io ero di tre anni più grande di lui, egli aveva solamente tredici anni quando lo conobbi, ma la sua straordinarietà si palesò sin da subito.

Non so bene come si scrive un libro, ma credo che dovrei prima di tutto descrivere Kivra fisicamente…

Possedeva naturalmente tutte le caratteristiche di un buon Figlio della Notte: schiena ricurva, occhi rossicci, pallore.

Non era affatto alto, aveva dei lunghissimi capelli neri, arruffati, poco curati ma dannatamente belli. Sembrava di poter vedere la profondità del vuoto osservando la sua chioma.

Lo stesso accadeva con i suoi occhi. Erano sì rossicci ma di un rosso molto, molto scuro, con delle leggere venature nere qui e lì.

Il suo viso era perfettamente squadrato, il naso era di forma docile e lievemente rotonda, le labbra sottili di un colore scarno, nel complessivo il suo viso risultava incredibilmente di bell’aspetto.

Era un ragazzo che durante la sua vita non si fermò mai, dunque il suo corpo pareva scolpito nella pietra, atletico e flessibile, agile e ben definito.

Era un bellissimo ragazzo, il più bello di Sevasthal.

Ecco… questa è la sua storia, la storia del mio migliore amico, la storia di un’infanzia segnata dalle mostruosità di questa terra, la storia di un’amicizia indissolubile.

Questa è la Leggenda di Kivra.

Cinque Figli.

Kivra nacque a Rothal, un piccolo villaggio che non compare nemmeno sulle mappe.

Rothal precedeva il più grande porto di Nocturne, ossia Cabhaig, che era contraddistinto da una formazione territoriale peculiare, partiva da una pianura di basso livello e rapidamente s’innalzava verso una montagna maestosa e altissima, il monte Sliabh, sede della Confraternita dei Mercanti.

Il porto ricco di opportunità, commercio e denaro era però piuttosto lontano dalla piccola e devastata realtà di Rothal.

Era il terzo di cinque figli, tutti maschi, tutti nati a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro tramite la via più convenzionale, ossia la riproduzione sanguigna benedetta dalla Dea Notte.

Kivra era il membro più attivo ed energico della sua famiglia, sempre disposto a tutto pur di aiutare, divertirsi e guadagnarsi il cibo e il sangue necessario per l’alimentazione figliana.

Il rapporto con i suoi fratelli era splendido, tutti erano estremamente uniti e coesi, ubbidienti nei confronti dei propri genitori ma ribelli nei confronti di chiunque altro.

In particolare con il primogenito, di nome Zura, Kivra andava estremamente d’accordo. Erano sempre insieme, avevano quasi la stessa testa, dicevano quasi le stesse cose. A differenza di Kivra, Zura aveva una chioma molto più corta e chiara, che quasi andava verso il grigio scuro, e per questo Kivra spesso lo prendeva in giro, dicendogli che sembrava una donna.

Zura non si arrabbiava mai con lui, gli scherzi erano all’ordine del giorno e anzi, dopo un po’ di insulti mangiavano insieme, fra sorrisi e abbracci.

Gli altri fratelli erano più o meno come loro, ribelli e ubbidienti, carismatici e rapidi.

Semplicemente non quanto loro due.

I genitori che diedero vita a quella cucciolata erano la classica coppia di Sevasthal: l’uomo un essere umile, assiduo lavoratore della terra e poco interessato a tutto ciò che andasse fuori dalle sue attività indispensabili. Molti uomini di Sevasthal credono fermamente nella Dea Notte ma non seguono il culto, non s’interessano alla sua storia: insomma, non vogliono avere niente a che fare con la religione. Eseguono però delle preghiere quotidianamente, proprio come i loro avi e gli avi dei loro avi. Il loro senso della religione è quindi circoscritto, pregano spesso per ottenere il favore della Dea Notte e… basta.

Discorso diverso si attuava, invece, per le donne: le madri di famiglia stringono un patto con la Dea Notte, diventano sue adepte, sono obbligate ad entrare nella Setta Familiare e di quando in quando la Dea Notte esigeva un sacrificio o un dono, di più tipi. Il tutto era organizzato ovviamente dalla Casta, l’organizzazione religiosa più influente e radicata di Sevasthal, che spesso interpretava in modo opportunistico i “desideri” della “Dea Notte”. Naturalmente questo livello di indottrinamento religioso provoca nelle madri di famiglia un senso della religione e del culto quasi ossessivo, al limite del sopportabile. Molto spesso capita che siano le stesse donne a trascinare in questa fervente ottica religiosa gli uomini dotati di un minimo di cultura.

Rothal, però, non era un villaggio come gli altri. Sullo sbocco del sentiero che collegava il piccolo villaggio verso altre mete ben più importanti vi era una grotta.

La “Grotta del Bachal”.

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EXTRA: La Follia da tema narrativo a spunto riflessivo.

La follia va sempre odiata e combattuta con la diffidenza?

E’naturale che quella particolare condizione psichica, che noi denominiamo come “follia” o “pazzia” e altri termini appartenenti al mondo della medicina che noi deformiamo e sfruttiamo a nostro piacimento, ci incuti timore e il desiderio irrefrenabile di guardare altrove.

Ognuno ha i suoi problemi e pensieri che ovviamente escludono qualsiasi atto filantropico perché “Io ho già i miei problemi, non è che posso curare ogni pazzo della mia città”.

Oggi vi chiedo di rivolgere seriamente questa domanda a voi stessi, e chiedervi se davvero voi non potreste far nulla per una persona che è in evidenti difficoltà.

E vi chiedo inoltre di cercare immedesimarvi, per quanto sia arduo, nei panni di un “pazzo”.

Un pazzo come viene trattato?

Come già accennato, un pazzo sarà sempre isolato, malvisto dalla comunità e spesso deriso. A livello sociale, tutti questi fattori, se combinati, scatenano un aggravamento inevitabile della condizione psichica del “pazzo”.

Questo perché? Perché, spesso e volentieri, suddetta condizione nasce in primo luogo da numerose situazioni d’incomprensioni o di traumi che, col passar del tempo, lasciano il segno e frammentano progressivamente la mente di un uomo, chiunque esso sia, qualsiasi sia la sua forza e la sua volontà.

Potenzialmente, il destino potrebbe renderci tutti pazzi da un momento altro.

Immaginate di perdere tutto, tutto ciò che vi tiene in vita, tutto ciò che amate, in un sol momento, in un sol tragico colpo.

All’interno delle Cronache di Nocturne: Faldrus, viene rappresentata una condizione simile.

Un personaggio, vissuto nella freddezza e nell’indifferenza per tutta la sua vita, subisce un ultimo trauma irreversibile: perde il braccio, viene parzialmente mangiato e si sentirà profondamente tradito dall’unica persona che lo amava, e che lui amava.

Questo personaggio verrà dunque guidato da una follia sanguinaria, omicida, violenta seppur irrazionale. Nella sua mente risiede la vendetta e gli orrori che vorrebbe, per una volta, infliggere ad altri esseri, e non più  dover subire sistematicamente.

Questi pensieri così contorti e perversi non sono GIUSTIFICATI, ma sono MOTIVATI.

E non capiremo mai come creare una società migliore senza analizzare la nascita di folli e pazzi, piuttosto che deriderli, sbeffeggiarli e dargli un calcio definitivo nell’abisso dell’insensatezza.

La Leggenda degli Otto Dashru.

Questa leggenda rientra di diritto fra le leggende più celebri di tutta Nocturne. E’ la prima che i cantastorie, che siano essi di Arvasthal o Sevasthal, debbono imparare.

Per narrare la storia degli Otto Dashru, bisogna prima introdurvi i Carnesius.

I Carnesius furono uno dei primissimi ordini basati sulla magia e sulla conoscenza di essa. Tutti sapevano bene però che fu un ordine anche molto controverso, spesso i membri e i capi dei Carnesius si avventuravano spesso in ricerche ed esperimenti che definire folli sarebbe un atto di clemenza.

E’ storicamente accertato che i Carnesius praticassero la necromanzia, l’arte di riportare in vita ciò che è morto e, almeno inizialmente, i Carnesius furono ben accettati dai Re di Nocturne, poiché contribuivano a dare un immenso potere agli eserciti umani.

Un gruppo ristretto e potentissimo di Carnesius, chiamato Nucleo di Marbh, concentrò i propri sforzi all’interno della tristemente famosa Caverna di Teipm rendendola la propria base operativa.

Proprio in quel luogo tenebroso furono creati i primi e temibili Cassinoth, degli esseri ripugnanti, marginalmente intelligenti, fatti più di ossa che di carne.

Come può un cadavere ambulante riuscire ad avere dell’intelligenza? La risposta è nella magia.

Attraverso un rituale, i Carnesius, partendo da alcuni organi vitali e pochissime ossa, anche rimanenze di esse, riuscivano a CREARE un corpo umano o apparente tale.

Tutto questo era possibile solamente infondendo l’organismo neonato di magia, che contribuiva anche ad assemblare una sottospecie di intelligenza superficiale.

I Cassinoth sono dunque in grado non solo ovviamente di lottare (in modo feroce e insensibile) ma anche di compiere ragionamenti piuttosto semplici, alla stregua di un qualsiasi animale.

I Carnesius, data la portata di quelle scoperte e di quell’esercito che stavano mettendo insieme con solerzia e capacità, conoscevano bene anche i pericoli di quelle mistiche creature.

Congegnarono quindi una via d’uscita, un’ultima spiaggia: le boccette dei Dashru.

Assoldarono pagando profumatamente dei gruppi di cacciatori di taglie espertissimi, i migliori di quell’epoca: le Fiamme di Fiach.

Le Fiamme di Fiach diedero la caccia per lungo tempo agli Otto Dashru, otto delle bestie più particolari, enormi, distruttive e mostruose.

Degli abomini divini.

Le loro anime furono intrappolate all’interno di alcune boccette di vetro, i Carnesius avevano in mente di liberare quei mostri, ricreandoli fedelmente tramite la magia, per difendersi in caso di rivolta.

Nemmeno a dirlo, la rivolta ci fu, e fu uno dei più grandi disastri che la storia possa ricordare.

Ka’Soth, il Cassinoth più intelligente fra tutti, alla stregua di un uomo e con la potenza di un barbaro, chiamò alla guerra i suoi compagni abusati e usati come schiavi da combattimento.

La ribellione si sviluppò molto rapidamente all’interno della Caverna, travolgendo qualsiasi mago necromante e divorandogli il corpo e l’anima.

I Cassinoth non risparmiarono nessuno, poiché non conoscevano il significato della parola pietà: nessuno gliela aveva insegnata, nemmeno i loro padroni, che mangiarono, e mangiarono, finché le membra pulsanti dei povero maghi necromanti non implorarono perdono per i propri errori, orrori, e malefatte.

Per quanto concerne gli Otto Dashru, il piano fallì miseramente. Quando le bestie, i mostri, furono rilasciati, scelsero un modo di fare decisamente inaspettato: si allontanarono dalla Caverna, e si sparsero per tutta Nocturne. Non avevano alcuna intenzione di partecipare a quella ribellione, e le loro menti, governate dalla propria forza, erano così potenti da non poter essere assoggettate nemmeno dal più temibile dei Carnesius.

I Cassinoth, ad oggi, sono migliaia, e i Dashru, ad oggi, terrorizzano ancora alcune regioni nocturniane, per poi sparire, e ricomparire in altri luoghi.

I Racconti di Mastro Varaka: Tyras il Colonizzatore e la Prima Prova.

Nei miei racconti, quando accenno il nome di una leggenda, dico sempre “Ma questa è un’altra storia, per un altro racconto”.

Non pensate mai che io scherzi: ogni leggenda avrà il suo spazio nei miei racconti.

Tyras nacque proprio nell’Era Primitiva, epoca antecedente alla scoperta della magia. Fu allevato fino ai suoi sette anni dalla propria madre di nome Jahra, dopodiché fu arruolato dai migliori combattenti della regione del Karsas e fu addestrato come tale.

Secondo la leggenda, egli condivise ogni sua singola esperienza con un gruppo spavaldo di bambini, formato da altri quattro elementi: Yhora, Zazon, Sadra e Rolo.

Come potete sicuramente notare, i loro nomi erano nettamente diversi dai nostri, così com’era diversa la loro lingua rispetto a quella contemporanea.

L’evoluzione umana fu progressiva ma facilmente individuabile, e ciò si verificò anche nel linguaggio.

Arrivati ai tredici anni, i ragazzi avrebbero dovuto affrontare due Prove molto insidiose.

La Prima Prova consisteva nel riuscire a dimostrarsi degli affidabili cacciatori, lesti e silenziosi. I ragazzi si sarebbero dovuti quindi inoltrare non all’interno di normali foreste ma dentro l’Osais dei Prole del Lupo.

L’estesissimo Osais.

Piccola nota: i Prole del Lupo non sono uomini, ma degli autentici ibridi della natura, a metà tra una bestia ferale e uno spirito benigno.

Sia dia il caso però che non sono rinomati per la loro apertura nei confronti degli stranieri, ed erano pronti ad uccidere sul posto qualsiasi minaccia.

Un gruppo di cinque ragazzi avrebbe dovuto quindi penetrare all’interno di un territorio nemico e cercare una bestia da uccidere ciascuno, per poi riportare le pelli ai guerrieri.

Naturalmente, non tutto filò liscio per Tyras e i suoi amici.

Durante la spedizione, Rolo e Yhora iniziarono a litigare rumorosamente, a causa di un fraintendimento e la conseguente mancanza di provviste per la caccia.

Yhora andò su tutte le furie, accusando Rolo di essere incapace anche solo nel portare con sé delle provviste per il gruppo.

Rolo rispose con l’ausilio delle mani, spingendo via Yhora e iniziando a percuoterlo.

Zazon e Sadra cercarono di intervenire, ma furono entrambi fermati da Tyras.

“Gli stolti muoiono”, sussurrò Tyras ai suoi amici preoccupati.

Proprio come se avesse previsto il futuro, un Prole del Lupo tempestò l’area con luci allucinanti e un’insolita ma fitta nebbia.

Si poterono udire i rumori di alcuni artigli, le grida dei ragazzini, i fiotti di sangue volare.

Tyras e i suoi si nascosero fra i cespugli ad osservare, ma la nebbia permise una visibilità pari a zero.

Sparita sia la nebbia sia le luci, non rimase nient’altro se non il fetore di morte e budella.

L’erba era completamente pulita, e di sangue non se ne vedeva nemmeno l’ombra.

“Come può un singolo uomo confrontarsi con la natura e tentare di affrontarla?” Queste furono le parole che Tyras esclamò, terrorizzato ma inusualmente affascinato.

La Seconda Prova, però, sarebbe stata decisamente peggiore.

I Racconti di Mastro Varaka: Gli Umani.

La razza più pericolosa in assoluto di Nocturne, a causa della cupidigia dei loro animi e della sagacia delle loro menti, è la mia: gli Umani.

Un Generale umano contemporaneo.

Gli uomini esistono da sempre, specchio riflesso del Dio creatore di tutto: Intrigo.

Il primo colonizzatore umano di Nocturne, secondo le leggende, si chiamava Tyras. Egli era un bestione alto quasi due metri, dalla stazza fisica impressionante e dalle capacità belliche letali.

Allora, l’uomo era ancora rozzo, tanto quanto la sua concezione di battaglia. Si basava tutto sulla pura forza fisica, chi era più forte e tenace vinceva scontri e guerre.

Lo stile bellico dell’epoca di Tyras: le asce erano l’unica arma accettata, segno rappresentativo della ferocia umana.

Le madri dei guerrieri, in quell’epoca che oggi ci appare così primitiva e ferale, allevavano i loro figli fino all’età sette anni. Da quel momento in poi, i piccoli sarebbero stati affidati ad un plotone di guerrieri del luogo, che si sarebbero fatti carico del piccolo in questione e della sua precoce educazione basata sulla potenza umana.

Molti, moltissimi furono i bambini morti ritrovati nelle foreste e nei boschi. Ancora oggi esiste un luogo, chiamato il Fiume Nero, in cui è possibile recuperare resti di piccole ossa deperite, sulla sponda destra del fiume.

Il Fiume Nero si chiama così perché le leggende narrano di come questo flusso d’acqua si tinse del nero del deperimento delle ossa tanti anni fa, nella notte del quattro Agosto.

Il Fiume Nero e il suo tristemente celebre Arco.

Secondo gli uomini del posto, il Fiume sarebbe teoricamente benedetto, in quanto si tratta del “Guardiano dei Piccoli”.

Mirabili storie delle capacità curative dell’acqua circolano in modo abnorme, ma una cosa è certa: l’uomo crederebbe a qualsiasi cosa, pur di non lasciar morire le proprie speranze.

Un’illusione è migliore di qualsiasi verità atroce.

L’uomo vide e causò la nascita di numerose guerre fratricide, la più imponente e terrificante fu ribattezzata la Guerra degli Dei.

Ma questa è un’altra storia, per un altro racconto.

Ogni singolo umano è avido, desideroso di acquisire sempre più ricchezze e potere, fino ad arrivare al punto in cui non può più riconoscersi nemmeno dinanzi al suo stesso riflesso.

Il più bramoso di tutti è il vincitore, e viene eletto fastosamente Re di Arvasthal.

L’ambitissima Corona di Fiori.

Il Re elegge un Consiglio, formato da pigri nobili che ubbidiscono passivamente a qualsiasi direttiva regale.

Pochi, pochissimi sono stati i colpi di Stato nel corso della storia umana: questo perché gli uomini, finché hanno la possibilità di progredire, son felici e anche importanti questioni etiche e morali passano in secondo piano.

Persino lo schiavismo può essere ritenuto accettabile, se proficuo.

In tutta Arvasthal non esiste un briciolo di onestà: le persone ti guardano con disprezzo e ti trattano con rispetto, gli uomini ti deridono ma desiderano comprare tutto ciò che vendi, le donne odiano tutto ciò che un maschio possa rappresentare, ma offrono il proprio corpo ad essi pur ad arrivare ai propri scopi.

Chiedo scusa per le mie parole inghiottite e corrotte dal pessimismo, ma vivere in questo luogo non fa altro che distruggere tutto ciò che un uomo possiede: la dignità.

Forse, e dico forse, le Confraternite sono l’unico luogo in cui si può trovare un briciolo di rispetto intellettuale.

Ne esistono tre ad Arvasthal: quella del Sapere, dell’Esplorazione e della Psiche.

I Racconti di Mastro Varaka: Nocturne.

Nocturne è un pianeta vastissimo, creato dal Dio Intrigo per il suo ego e il suo intrattenimento.

Non si riesce tuttora a datare l’origine di questo mondo, ma il quantitativo di leggende è spropositato e questo lascia presupporre una storia molto lunga.

Nocturne è popolata da quattro razze: Umani, Figli della Notte, Prole del Lupo e Cassinoth.

I Prole del Lupo rappresentano il popolo che possiede più territorio in assoluto.

La maggior parte del mondo di Nocturne è caratterizzato da foreste e boschi fluviali, terra dei Prole del Lupo. Gli umani chiamano questa ingente fetta di territorio “Osais”.

Il resto del mondo di Nocturne è conteso tra gli uomini e i figli della Notte.

Le due popolazioni possiedono una quota di territorio pressoché uguale in termini di dimensioni, ma il potere e le ricchezze sono imparagonabili.

Arvasthal è la terra degli uomini, del piacere, dei divertimenti e della corruzione.

Il territorio di Arvasthal è costellato da bei paesaggi verdi, da boschetti curati, da corsi fluviali e da laghi maestosi. Gli umani hanno sempre desiderato in particolar modo curare le proprie terre per poter apparire sempre splendidi.

Sevasthal è la terra dei figli della Notte e, come tale, è costantemente inghiottita dall’oscurità.

Com’è logico che sia, Sevasthal è una terra molto arida, priva di raccolti interessanti. Un luogo molto difficile in cui vivere, specie per la presenza di mostri terribilmente minacciosi, pronti a divorare i vagabondi del territorio.

A dividere le due estese terre degli umani e dei figli se ne occupa la Frattura Desertica, un’enorme distesa di sabbia rovente, spesso caratterizzata da tempeste e tornado di sabbia che rende quasi certamente mortale l’attraversamento.

I Cassinoth abitano nel sottosuolo di Nocturne, e questo particolare tipo di popolazione non conosce limiti di numero.

È molto arduo stabilire quanti Cassinoth esistano, ma con tutte le probabilità, se si unissero potrebbero distruggere molto facilmente qualsiasi popolazione in superficie.

Fortunatamente per i terrestri, i Cassinoth non sono mai riusciti ad organizzarsi in modo completamente efficiente per avviare questa spedizione.

Una delle tante entrate per il mondo dei Cassinoth, ribattezzato “Marbh” dagli esseri in superficie.
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